Milena Canonero: stile italiano da Oscar

Riuscireste ad immaginare protagonisti di “Arancia Meccanica” senza bombetta nera e tuta bianca? O Marlon Brando senza smoking e garofano rosso ne “Il Padrino”? O ancora Meryl Streep ne “La mia Africa” senza i suoi bellissimi foulard avvolti attorno alle spalle?
Ad ogni personaggio di un film leghiamo un immagine ben precisa, anche senza accorgercene. Ed il merito di fare di un personaggio un’icona è del costumista, quel grande artista che con la sua fantasia e la sua sensibilità regala all’eternità un attore e chi interpreta. Nei casi specifici che ho citato il merito va a Milena Canonero. In questi giorni avrete sentito spesso citare il nome di questa bella signora di 69 anni un po’ in tutti i telegiornali e quotidiani nazionali: lei era l’unica italiana nominata, e poi vincitrice, di un Oscar per la realizzazione dei costumi di “Grand Budapest Hotel” di Wes Anderson all’87esima edizione della consegna della famosa statuetta, tenutasi un paio di giorni fa a Los Angeles.
Senza neanche saperlo avete visto le sue opere meravigliose decine di volte al cinema. Posso citarvi alcuni dei film più conosciuti: “Barry Lyndon” ( primo Oscar per lei nel ’75), “Arancia Meccanica” e “Shining” di Stanley Kubrick, “Momenti di gloria “ di Hugh Hudson ( Oscar numero due nel 1981) “Marie Antoinette” di Sofia Coppola ( Oscar numero tre nel 2006), “Il Padrino” di Francis Ford Coppola, “La mia Africa” di Sydney Pollack, “Dick Tracy”di Warren Beatty, “Titus” di Julie Taymor, “Il treno per il Darjeeling” e “Grand Budapest Hotel” di Wes Anderson.
Questa affascinante signora non è per niente una principiante: 9 nomination e 4 Oscar portati a casa in quarant’anni di onorata carriera internazionale parlano per lei e ci dicono quanto spesso, in patria, talenti come il suo non vengano celebrati a sufficienza. Come tutti i grandi la signora Canonero trae una lezione di vita dal suo lavoro che dopo tanti anni ha ancora da insegnare qualcosa di nuovo: “Questo lavoro ti apre al mondo. Fa assorbire stimoli diversi e imparare con umiltà. Insegna a eliminare necessariamente estremismi e pregiudizi”. Cosa che tutti, qualunque lavoro si faccia, dovrebbero sempre tenere a mente.
Un lavoro che porta anche ad imparare ad essere adattabili e ironici. E quando le pongono la domanda :Si è mai chiesta, riguardandosi in foto, «ma che mi ero messa»? Risponde candidamente nonostante la professione: “Lo faccio continuamente”.
Premio Oscar o no, resta sempre una donna: autocritica col suo lavoro e con se stessa.