La pace dei sessi

Oggi è stato uno di quei giorni pesanti. Una di quelle giornate in cui mi sono di nuovo dovuta rendere conto di che razza di mondo facciamo ancora parte.
Mi sono ritrovata ad una riunione con dei colleghi che hanno un’attività identica alla mia. Mentre prendevamo il cinquantesimo caffè della giornata, confrontandoci sulle nostre rogne lavorative, mi sono vista fare questa confessione da uno di loro :”Nella nostra azienda ci stanno obbligando a prendere un’altra persona: deve esserci una donna tra di noi. Dicono che attrae la clientela e riesce a produrre più vendite col suo modo di fare e la sua presenza, non so se capisci “.
Ora, dopo i primi secondi in cui ho pensato di essere finita in un film dei Monty Python, ho realizzato l’esatto contenuto delle parole del cristiano davanti a me: mettiamoci una donna, che distrae col suo bel sorriso i clienti , che alla sostanza ci pensano gli uomini veri. E lì vai con l’embolo.
Ormai dovrei essere abituata a questo tipo di situazione: l’idiota di turno che se ne esce con qualche frase infelice mettendo in dubbio la mia professionalità solo perché sono carina è una delle situazioni tipo che anima la mia giornata. Dal soggetto con la luna storta che mi riempie di insulti perché pensa che essendo l’unica ragazza in azienda io sia un bersaglio più facile, al cretino che entra, mi vede ed esordisce con “Mi scusi ma non c’è nessuno?” credendo che io sia trasparente solo perché non ho le palle in mezzo alle gambe, allo pseudo sbadato che appena entrato mi fa “Scusi posso parlare col responsabile?” , dando per scontato che non sia io la direttrice del posto ma la segretaria.
L’immagine che mi è balenata in testa oggi, oltre a tutte le scenette che ho appena descritto, è stata quella di Emma Watson che ho visto l’altra sera su You Tube. Una ragazza carina, capace, di successo che con la sua iniziativa “He for She” ha fatto uno scalpore pazzesco parlando della cosa che dovrebbe essere la più naturale e più ovvia al mondo: l’eguaglianza dei diritti tra uomini e donne.
Detto così semplicisticamente sembra che si voglia solo esaltare il caro vecchio concetto di femminismo. In realtà, da quel discorso all’ ONU che Miss Watson ha tenuto, emerge qualcosa in più: uguale vuol dire pari, pari vuol dire che sappiamo fare le stesse cose, le stesse cose in tutti gli ambiti, in cui, a prescindere dal mio aspetto o dal mio genere, non mi si può limitare nell’essere o fare nulla; l’unico limite lo può imporre la mia incapacità nel saper fare qualcosa né le mie tette né le mie gambe.
Io amo essere donna: nonostante i cinque giorni del mese in cui mi comporto da stronza h24 per i dolori che mi pervadono, nonostante non riesca a sedermi sul divano la sera prima delle 22 perché ho casa sottosopra dopo aver lavorato tutto il giorno, nonostante le pressioni esterne che mi impongono di essere sempre bella, giovane e frizzante anche se mi sento spompata come una bustina della spesa schiacciata in fondo al cofano della macchina, nonostante ci sia sempre una corsa da intraprendere per dimostrare quanto valgo.
Emma Watson è una privilegiata e lo ammette. Noi, nonostante gli idioti che ci fanno incazzare, siamo privilegiate: perché ai cretini possiamo tenere testa, perché abbiamo avuto un’istruzione che ci fa comprendere quale è il vero metro per valutarci, perché noi possiamo rispondere “Il responsabile sono io” ai “so-tutto-io”. Non dovremmo mai lasciare che il sangue che ci bolle dentro ci offuschi e ci faccia dimenticare che, nonostante venga messa a dura prova, la pazienza serve ad andare avanti per chi privilegiato non lo è.
A me ogni tanto, in effetti, sembra di trovarmi al centro di una “piccola bottega degli orrori”: poi mi fermo, respiro, torno a casa e trovo il mio compagno che crede in me e mi sprona ad essere sempre migliore, perché sa che posso farcela, gonna corta o no.
Capisco che il cambiamento deve essere costruito insieme da uomini e donne. E mi è chiaro che solo in una cosa il genere umano non può essere uguale: non tutti posseggono un cuore capace di parlare col cervello e capire che l’unica minaccia è l’ignoranza, non gli ormoni.
Capite di cosa parlo?