Paris Haute Couture: la ninfa hippy di Versace

Non credevo l’avrei mai detto, ma sono pazza dell’ultima capsule presentata da Versace alla settimana parigina dell’ Haute Couture che si chiude proprio oggi. Dal 5 al 9 luglio nella capitale francese, infatti, hanno sfilato le anteprime dell’ alta moda per l’autunno inverno 2015/2016 dove la maison italiana ha riscosso un grandissimo successo.
Mai avrei potuto immaginare di vedere abiti di questo livello apparire, di nuovo, sotto il marchio Versace. Essenzialmente perché, per me, il gusto e l’estro della casa italiana, hanno smesso di esistere con la morte di Gianni Versace, nel lontano 1997. Gianni era un esempio di genialità, classe e sartorialità di altri tempi. Un uomo che riversava tutta la sua solarità e la sua voglia di stupire in creazioni che, a cavallo tra anni ’80 e ’90, avevano rivoluzionato il modo di esporre la sensualità e la femminilità delle donne di tutto il mondo.
Donatella Versace ha pensato, senza ombra di dubbio, all’esposizione dimenticando il resto. In sintesi, per lungo tempo, le sue creazioni hanno faticato ad andare di pari passo col buon gusto, a mio parere.
Eccessiva, svestita, un po’ sguaiata e oltremodo sfacciata, la donna di Donatella Versace a me proprio non è mai andata giù, insomma.
Dopo quest’ultima straordinaria sfilata, ho iniziato seriamente a pensare che qualche musa di un’epoca remota abbia fatto improvvisamente rinsavire la signora, innalzandola verso un livello di creatività nuovo e altissimo, fatto di romanticismo e ricercatezza, che latitavano da troppi anni sulle sue passerelle.
L’ immagine della donna Versace, che fuoriesce da queste creazioni, è un incrocio tra una dea greca e una ninfa da leggenda celtica, con un gusto evidentemente anni ’70. Tessuti impalpabili ed evanescenti fluttuano sui corpi (davvero troppo esili) delle modelle, in un turbinio di colori pastello e mai accecanti. Le ragazze indossano coroncine di fiori dal gusto hippy, che potrebbero essere benissimo, allo stesso tempo, stralci di boschi incantati, in pendant con degli abiti che, stranamente, avvolgono piuttosto che scoprire i loro corpi.
Alcuni piccoli “vizietti” di Donatella, certo, persistono: scollature un po’ troppo profonde e qualche richiamo bondage sui corpetti, gonne, in alcuni casi, dalla lunghezza decisamente sotto la media e qualche piuma di troppo qui e lì, ogni tanto, fanno capolino…ma si sa, le vecchie care abitudini sono dure a morire.
Senza ombra di dubbio, la stilista ha aperto una nuova , e speriamo duratura, fase della sua creatività. In precedenza tutto puntava su un’ esaltazione esagerata delle forme: gli abiti risultavano poco adatti sia per corpi troppo esili che per curve troppo abbondanti.
Non dico che questi abiti siano accessibili a tutte (ma nell’Haute Couture cosa lo è?) ma, di certo, ridimensionano i paletti che il vecchio gusto della designer imponeva.
Sarà stata qualche tipo di SPA rigenerante, una vacanza ascetica, una full immersion di storia celtica o l’esperienza da testimonial nel’ ultima campagna pubblicitaria di Givenchy, ma Donatella sembra rinata nel suo modo di disegnare. Spero non si perda di nuovo per strada e che continui in questa direzione: è bellissimo ammirare come, in fondo, dietro tutta quella presunta trasgressione, in realtà ci sia un animo romantico pronto a spiccare il volo.