La bellezza selvaggia di Alexander McQueen
“Londra è dove sono venuto al mondo. E’ il posto dove è il mio cuore e da cui prendo la mia ispirazione”. Queste sono le parole pronunciate in persona da Alexander McQueen che vi danno il benvenuto alla mostra monografica a lui dedicata e inaugurata, in questi giorni, al Victoria And Albert Museum di Londra.
Chiunque di voi si trovi a passare nella capitale inglese in questo periodo non può assolutamente perdersi “Alexander McQueen: Savage Beauty“, una totale celebrazione del genio dello stilista londinese scomparso nel 2010.
La mostra è il proseguimento ideale di un evento già tenutosi quattro anni fa al MET di New York ed ha tutte le carte in regola per bissarne il successo. Lo spirito di Alexander è ovunque: negli abiti, certo, ma anche nel tocco personale dato al contesto, “raccontato” dalla voce dello stesso stilista che, spesso, traghetta da un ambiente all’altro introducendoci a tutte le fonti d’ispirazione che l’hanno reso l’artista della rottura e della ribellione per antonomasia.
Il Museo perde la sua connotazione asettica e si trasforma in un vero e proprio laboratorio, simile a quello dove hanno preso vita le opere d’arte partorite da Lee negli anni della sua massima vena creativa.
Si parte dalla prima stanza , la London room, che mette in luce i suoi primi lavori, per poi passare nella stanza Savage mind dedicata alla sua produzione sartoriale da lui stesso stesso definita “come un mezzo per infrangere le regole ma mantenere la trazione”.
Le tappe della visita guidano lo spettatore tra i vari temi che hanno animato la sua produzione stilistica: dalle ispirazioni gotiche e bondage del periodo Romantic Gothic, passando per le forme più pulite e lineari del Romantic Primitivism, fino al tripudio del tartan, delle piume, del velluto e dello chiffon del Romantic Nationalism. Il percorso si chiude poi nel Cabinet of Curiosities, un’ incredibile installazione che è il cuore pulsante della mostra.
Tra i punti di forza della manifestazione alcuni dei suoi pezzi più iconici: dal vestito dipinto con lo spray indossato da Shalom Harlow alla fine della sua sfilata primavera/estate del 1999, alle plateali Armadillo Shoes, boicottate in passerella da modelle terrorizzate dalla rottura di un femore, alla celebrazione del tartan sull’indimenticabile abito indossato da Sarah Jessica Parker, passando per la figura della sua modella simbolo, Kate Moss.
McQueen viene descritto pienamente dalla testimonianza di Nadja Swaronski, titolare della famosa casa dei cristalli, la cui azienda è tra gli sponsor della manifestazione, che lo ricorda come “un uomo straordinariamente riservato ma alla ricerca dell’originalità della creazione”. Il suo racconto continua con la descrizione dell’entusiasmo dello stilista difronte ai nuovi esperimenti stilistici: ” Durante il nostro primo incontro fu affascinante vedere come ci tenesse ad utilizzare i nostri cristalli per creare nuove profondità nelle forme, aggiungendo un tocco di teatralità al tutto. Nel nostro show room in Austria si trasformò da uomo tranquillo ad una forza della natura, come un bambino in un negozio di dolci! Completamente rapito dalla voglia di sperimentare nuovi modi per utilizzare le pietre. Era un uomo generoso che non esitava a donare”.
Alexander era ” l’ hooligan” della moda ed un talento unico, un uomo creativo che ricercava la bellezza assoluta e anticonvenzionale. Le giacche scultura, gli abiti tra sogno e cubismo, gli ornamenti eccessivi e surreali sono racchiusi tutti in questa stupenda retrospettiva dal sapore quasi onirico e un po’ malinconico che ci parla di Alexander ma anche di Lee, come lo chiamavano gli amici: un genio e un ragazzo infelice che ha vissuto ed è morto in modo teatrale.